Il nuovo statuto

Il 23 giugno 2001 si svolse l’Assemblea Provinciale Straordinaria che si riunì per deliberare il nuovo Statuto o, meglio, per integrare il vecchio statuto del 1988 con delle modifiche.

Nel 2001, inoltre, la legislazione in materia trasfusionale modificò i criteri di selezione del donatore, limitando in modo consistente l’accettazione del donatore e prolungandone perciò i tempi della sospensione temporanea per motivi di salute.

Dall’anno 2002, e in particolare nel triennio 2005-2007, si verificò la più intensa e importante produzione legislativa nazionale e comunitaria, in materia di attività trasfusionali e attività ad esse associate mai registratasi fino ad oggi.

Lo scenario normativo che si stava configurando risultò pertanto molto complesso, in termini di relazioni fra normative europee e normative nazionali, in particolare per la necessità di armonizzare gli atti di recepimento delle direttive europee con le disposizioni legislative nazionali esistenti.

Lo Statuto e Regolamento dell’A.F.D.S. approvato dall’Assemblea

Provinciale Straordinaria il 23 giugno 2001.

Nel periodo in questione, dal 2002 al 2004 la Comunità Europea emanò le direttive in materia successivamente recepite dalla legislazione nazionale dal 2005, e, la legislazione nazionale emanata si armonizzò delle direttive CE.

Lo statuto del 2001 operò un rinnovo notevole rispetto a quello del 1988. Le modifiche non incisero nella sostanza dei principi istitutivi e sociali del sodalizio in modo tale che si possa parlare di “nuovo statuto”, ma integrarono le vecchie norme in vigore con l’aggiunta e l’arricchimento di disposizioni ed istanze allo scopo di codificare, esplicare e sviluppare aspetti e funzioni proprie dell’Associazione esercitati nel suo passato storico e nel presente. Elementi e funzioni su cui l’Assemblea Provinciale si pose il compito e l’obiettivo di statuirli, svilupparli ed estenderne il concetto e gli ambiti applicativi. Nell’art. 2 (Oggetto e scopo dell’Associazione), l’Associazione pose a norma la facoltà e l’azione di promozione, coordinamento e disciplina dell’intera organizzazione sociale, nel contempo statuì e precisò il carattere personale e volontario del donatore. Statuì e codificò le parallele attività di informazione, formazione e di pubblicità sul dono del sangue anche nell’ambito scolastico. Il medesimo art. 2 stabilì che l’A.F.D.S. ha facoltà di compiere ogni “operazione mobiliare, immobiliare e finanziaria” come acquisto, vendita, permuta, atto, contratto od altra operazione atta a conseguire le finalità istituzionali. Inoltre l’art. 3 (Patrimonio), stabilì che oltre ai contributi per le Associazioni, l’A.F.D.S. può impiegare il suo patrimonio con ogni tipo di incremento patrimoniale e di capitalizzazione del reddito nei limiti stabiliti dalla legge e dallo statuto stesso. Queste disposizioni ripresero e integrarono gli artt. 2-4-5-6 dello statuto 1988.

In generale possiamo affermare che nello statuto 2001 vi sono norme e commi integrativi come quelli descritti qui sopra che definiscono in modo più specifico, esteso e completo le funzioni, vecchie e nuove, dell’Associazione. Gli articoli della carta statutaria vennero descritti con dei titoli; oltre ai già citati articoli di cui sopra, l’art. 1 definisce la forma “non riconosciuta” del sodalizio O.N.L.U.S.; l’art. 2 dichiarò l’appartenenza dell’A.F.D.S. alla F.I.D.A.S. e la possibilità di scegliere e aderire a federazioni diverse con analoghe finalità. Altre norme, invece, disciplinano l’organizzazione generale dell’Associazione, degli organi centrali e periferici, introducendo nuove strutture e regole, modulandosi ed adeguandosi all’incremento numerico e alla maggiore complessità dei rapporti degli associati con l’Associazione e fra loro medesimi. L’art. 1 fissò la sede legale in Spilimbergo via Piave 2, e stabilì altresì la possibilità di stabilire sedi secondarie o altri uffici, rappresentanze e recapiti.

L’art. 4 raggruppò le Sezioni in Zone territoriali in base ad esigenze organizzative e funzionali. La crescita numerica dell’Associazione aveva comportato la suddivisione del territorio provinciale di competenza in zone, che fossero omogenee numericamente e culturalmente. Le Zone agevolano la gestione degli associati nei rapporti fra il centro e la base, la Provincia e le Sezioni e, nei loro rapporti con i centri trasfusionali.

L’art. 8 dello statuto (Assemblea Provinciale), riassunse i disposti degli artt. 13-14-15 dello statuto 1988. L’art. 8 integrò le vecchie disposizioni con alcune nuove. I delegati all’Assemblea Provinciale poterono essere scelti anche fra chi non era vicepresidente (comma 2). Il Consiglio Direttivo Provinciale partecipava così di diritto alle sedute dell’Assemblea con diritto di voto consultivo (comma 3). L’articolo 8 stabilì che le elezioni seguono le normali regole dettate dal principio della libertà democratica (comma 4). L’Assemblea si riunisce nella sede sociale oppure in altro luogo purché nella Provincia di Pordenone ed entro il trenta giugno (comma 5). Inoltre, la convocazione all’Assemblea è fissata dal Presidente o, in caso di impedimento, dal Vice Presidente più anziano o, in caso di impedimento anche di quest’ultimo, dal Consigliere più anziano (comma 6). Rimasero immutati la composizione, i poteri e le modalità di elezione e formazione del Consiglio Direttivo Provinciale e della Giunta Esecutiva, salvo qualche modifica formale (artt. 9-10). Rimase pressoché immutato l’articolo relativo ai poteri del Presidente, salvo l’eliminazione della lettera g dell’articolo 18 del vecchio statuto ove il Presidente aveva facoltà di preparare il progetto del bilancio preventivo ed elaborare il consuntivo. Facoltà che lo statuto attuale assegnò al solo Consiglio Direttivo Provinciale (art. 9 – Consiglio Direttivo Provinciale). Il Segretariato Provinciale con funzione di Tesoriere-Economo, nel nuovo statuto, può essere composto da due persone: il Segretario e l’Economo. Il Segretario e/o il Tesoriere nello statuto 2001 rispondevano direttamente unicamente al Consiglio Direttivo. Per il resto non vi furono altre modifiche (art. 12 – Segretario e Tesoriere). Il Collegio dei Revisori dei Conti predispone la relazione al rendiconto economico e finanziario presentato dal Consiglio Direttivo Provinciale e i Revisori stessi possono essere scelti anche fra i non Soci (art. 13 – Collegio dei Revisori dei Conti). Fu introdotta con l’articolo 15 (Esercizio Sociale) la disciplina dell’esercizio sociale. L’esercizio sociale termina al trentuno dicembre, il Consiglio Direttivo Provinciale unitamente alla relazione dei Revisori presenta all’Assemblea il rendiconto economico-finanziario, bilancio di previsione e la relazione morale per l’approvazione. I documenti contabili dovranno essere depositati presso la sede e consultabili dagli associati dalla data di avviso della convocazione. L’articolo 15, inoltre, fa espresso divieto agli organi centrali dell’Associazione di distribuire gli utili e gli avanzi di gestione, di fondi, di riserve o di capitale, salvo se imposti dalla legge. Non vi furono modifiche sul Collegio dei Probiviri (art. 14) e sulle sanzioni disciplinari (art. 16). Ci fu invece una modifica sostanziale nella parte riguardante lo scioglimento dell’Associazione (art. 17). L’articolo si parte sancendo che l’Associazione potrà deliberare lo scioglimento qualora lo scopo dell’Associazione debba ritenersi esaurito o divenuto impossibile (comma 1). Con l’ultimo comma dell’articolo si stabilì che le attività rimanenti, a liquidazione ultimata, verranno devolute ad altra Associazione con finalità analoghe o a fini di pubblica utilità sociale, ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Per quanto concernette gli organi periferici, l’articolo 19 disciplinò l’Assemblea di Sezione. La convocazione è limitata alla sede sociale oppure ad altro loco entro i limiti della Provincia di Pordenone ed entro il trenta aprile (comma 3). Il comma 1 aprì l’articolo sancendo che l’Assemblea rappresenta l’universalità degli associati e le sue deliberazioni sono vincolanti per tutti gli associati anche se assenti o dissenzienti.

Il Consiglio Direttivo di Sezione venne disciplinato nell’articolo 20. Il nuovo articolo aggiunse le funzioni di ordinaria e straordinaria amministrazione della Sezione (comma 4) e la predisposizione del rendiconto economico e finanziario (comma 5). Rimasero invariate le norme che riguardavano la Giunta esecutiva di Sezione (art. 21), il Presidente (art. 22), il Vice Presidente (art. 22 ultimo comma), il Rappresentante (art. 23), il Segretario (art. 24) così come il Collegio dei Probiviri (art. 25) e l’articolo che disciplinava lo scioglimento della Sezione medesima (art. 26).

Infine, vi sono le disposizioni riguardanti la figura dei Soci Donatori la quale era ampiamente disciplinata nell’art. 5 (Soci) che integrò gli artt. 7-8-9 dello statuto 1988. Scomparirono le figure dei “Soci collaboratori” e dei “Soci sostenitori benemeriti” (art. 8 lettere b, c dello St.’88). Soci sono solo coloro che effettuano almeno una donazione di sangue e/o emocomponenti purché fisicamente idonei e dichiarati tali dalle autorità sanitarie competenti (art. 5 comma 3). Il nuovo articolo sancì in modo esplicito l’adesione motivata e fondante del socio all’Associazione (comma 1), la sua definizione (comma 2), i suoi obblighi precisi e specifici (comma 1, 2, 8), i suoi privilegi (comma 6), il suo impegno a partecipare alle attività sociali (comma 8), purché interessati ed indirizzati alle finalità istituzionali, osservanti lo statuto ed il regolamento ed in regola con i doveri degli aderenti (comma 1).

L’adesione all’Associazione è a tempo indeterminato e non può essere disposta per un periodo temporaneo (comma 9). L’articolo 8 descrisse le modalità di acquisizione della carica di Socio così come la possibilità di perderla e ne elencò le cause. La carica di Socio è acquisita presentando domanda al Consiglio Direttivo Provinciale, il quale si pronuncerà entro il termine di sessanta giorni accettando o rigettando la domanda medesima, passato tale termine la domanda s’intende accolta (comma 10).

La qualifica di Socio si perde per decesso o per recesso del donatore da notificarsi per mezzo di lettera raccomandata al Consiglio Direttivo Provinciale; oppure per esclusione deliberata dal Consiglio Provinciale per volontaria mancata attività trasfusionale, per inosservanza delle disposizioni statutarie o degli organi sociali, per interdizione o condanna del Socio per reati penali, per condotta contraria alle leggi e all’ordine pubblico (comma 11).

Lo statuto nuovo del 2001 fu quindi “snellito” da 37 a 27 articoli, raggruppati squisitamente per argomento: definizione e obiettivi dell’Associazione, definizione e inquadramento, diritti e doveri dei Soci Donatori, composizione e struttura degli organi sociali, centrali e periferici.

Anche il regolamento esecutivo presentò delle novità. Le novità trattò la disciplina delle elezioni per il rinnovo degli organi provinciali come è descritta e rappresentata nell’art. 2. L’articolo 2 nella prima parte “Scelta dei candidati” dispone che le elezioni dei vertici provinciali venga preceduta da una riunione per ogni Zona territoriale (comma 1). Il Presidente provinciale od un suo delegato presiederanno le riunioni e, a scrutinio segreto, verranno scelti i candidati al Consiglio Direttivo Provinciale nel numero di due e non più del numero delle Sezioni che fanno riferimento alla Zona (comma 2). Il comma terzo dispone che i candidati dovranno essere iscritti alle proprie Sezioni entro il 31 dicembre dell’anno precedente l’anno delle elezioni. Nel quarto e quinto comma fu disciplinata la presentazione delle liste. La lista elettorale per il rinnovo del Consiglio Direttivo sarà presentata all’Assemblea dai nomi designati dalle riunioni di Zona. La lista elettorale per l’elezione dei candidati al Collegio dei Revisori dei Conti e dei Probiviri verrà formulata, invece, dal Consiglio Direttivo uscente, sentiti i rappresentanti delle Sezioni in occasione delle riunioni di Zona. Le tre cariche di consigliere provinciale, revisore e proboviro sono incompatibili tra di esse ma, si possono presentare la candidatura in tutte e tre le liste e sarà considerata valida solo l’elezione risultante dall’ordine di scrutinio (comma 6).

Nella seconda parte dell’articolo 2 “Schede e liste di votazione” fu riportato minutamente le operazioni di voto e le schede elettorali. Gli elettori hanno facoltà di esprimere una sola preferenza per Zona territoriale sulla lista elettorale per l’elezione del Consiglio Direttivo e due preferenze per Zona sulla lista elettorale unica per l’elezione del Collegio dei Revisori dei Conti e dei Probiviri (comma 4).

La terza parte del sopraccitato articolo 2 “Votazioni” del regolamento esecutivo disciplinò minutamente le operazioni di voto.

Procedendo oltre, le quote accantonate per il Fondo Assistenza a favore degli associati o per particolari situazioni associative (art. 3 Fondo di assistenza) passarono da una somma fissa (L. 50 nel 1988) ad una percentuale stabilita al 5%. La percentuale può variare in seguito a decisione annua da parte Consiglio Direttivo. Nel vecchio statuto 1988 il fondo era disciplinato da apposito regolamento approvato dall’Assemblea. Rimasero invariate, con qualche piccola differenza formale e contingente, le disposizioni riguardanti gli articoli l’impiego dei donatori (art. 4), lo schedario (art. 5), i labari (art. 6), la tessera e distintivo (art. 7), le premiazioni (art. 8), gli adempimenti delle Sezioni (art. 10) e i rendiconti (art. 11). Nel nuovo regolamento esecutivo fu introdotto, nell’art. 9, la possibilità e le modalità di costituzione di nuove Sezioni. Una nuova Sezione per nascere dovrà avere almeno 25 donatori attivi non provenienti da altre Sezioni dell’A.F.D.S. provinciale salvo che non si tratti di della costituzione di una nuova Sezione comunale.

Questo fu il nuovo statuto approvato dall’Assemblea Provinciale nella riunione straordinaria del 23 giugno del 2001.

 

La nuova normativa

Nel 2000, nella nostra Associazione e nelle altre associazioni di Volontariato finalizzate al dono del sangue, presenti in Italia, cambiarono anche i criteri di selezione del donatore, ossia i periodi di sospensione temporanea o definitiva dalla donazione di sangue e/o emocomponenti per motivi fisici, medico-sanitari o strettamente di salute. La selezione del donatore di sangue e di emocomponenti fu un’operazione che non si originò da parte degli organi legislativi ma per iniziativa dei soggetti e delle componenti del Sistema Trasfusionale italiano. Attraverso il Convegno Nazionale del SIMTI del 1998, nacque l’esigenza di apportare due nuovi strumenti e metodi di lavoro per la trasfusione del sangue umano: un’insieme di nuovi criteri per una più precisa e corretta valutazione e scelta del donatore, da aggiornare in modo continuo e periodico; una valutazione del donatore che sia comune e condivisa dalla collaborazione fra le quattro principali associazione del dono del sangue italiane (F.I.D.A.S., A.V.I.S., C.R.I., FRATRES). Il Consiglio SIMTI stese una prima bozza che fu vista, discussa e revisionata dalle quattro organizzazioni. Le nuove linee guida, per la prima volta, furono il frutto di un tavolo comune di dialogo che si pose l’obiettivo di trovare in modo univoco nuovo criteri interpretativi ed applicativi del corpus normativo che regolava l’attività trasfusionale. Dal corpus normativo (Legge 107/1990, D.M. 27/12/1990, D.M. 15/01/1991, Circolari e Raccomandazioni del Consiglio Europeo), le quattro associazioni nazionali provvidero a tutelare per il futuro il donatore recependone due principi fondamentali: la protezione del donatore e della sua salute e la protezione del ricevente. Si pose particolare attenzione sull’anamnesi, ossia sugli antecedenti famigliari, patologici e fisiologici, del donatore: malattie pregresse, portatore di malattie, età, sesso, peso corporeo, valori di emoglobina e patrimonio marziale. La bozza discussa dalla F.I.D.A.S., dall’A.V.I.S., dalla CRI e dalla FRATRES diede origine a delle “linee guida” e a dei precisi e indirizzi di fondo per tutti i centri trasfusionali.

Le linee guida prevedevano una valutazione del donatore con visita medica generale, ponendo attenzione all’apparato cardio-vascolare, e il questionario anamnestico con scheda di accettazione e modulo di consenso. Con tale formula d’accettazione il donatore viene informato sui possibili rischi incorsi dal ricevente, in particolare sul riscontro di sieropositività propria o del partner e di epatite. In seguito, esame obiettivo con determinazione dell’emoglobina e giudizio d’idoneità del medico. (recependo il D.M. 15/01/1991).

Con i nuovi criteri fu prevista l’esclusione dalla donazione per numerose patologie (R98/463/CE): Asma sintomatico e in terapia sistematica e le malattie neurologiche (epilessia in età adulta e in età infantile senza guarigione, sincope, neuropatie sistemiche, patologia vascolare o degenerativa del sistema nervoso centrale, psicosi, demenza, nevrosi grave, neurochirurgia del sistema nervoso centrale). Fu considerato idoneo il donatore con asma asintomatico con sospensione solo nel periodo asintomatico; idoneità per le convulsioni febbrili; sospensione fino a risoluzione per le vertigini e le labirintiti; sospensione dopo la guarigione e previo consenso medico per la meningite acuta.

Sospensione dalla donazione fino a guarigione e valutazione medica per fratture e traumi cranici e ittero di Gilbert; mentre è prevista l’esclusione per l’ittero non-Gilbert.

Per quanto concerneva, invece, le vaccinazioni, i nuovi criteri prevedevano 48 ore di sospensione per virus uccisi, mentre i precedenti criteri in linea con il Protocollo Regionale del FVG non prevedevano alcuna esclusione; 4 settimane di esclusioni per virus vaccini vivi attenuati. Nel 1995 i criteri prevedevano 4 settimane di sospensione solo per il vaccino contro la rosolia e 2 settimane per gli altri. Sospensione per 48 ore per vaccinazioni Epatite A e B.

La permanenza in zone dove la malaria ebbe una diffusione endemica, con i vecchi criteri di cinque anni prima, il donatore di sangue fu sospeso per 6 mesi senza sintomatologia e senza profilassi, e per tre anni con profilassi. Fermo così restò per i nuovi criteri di ammissione. Per la produzione di plasma ai donatori a rientro da zona malarica dopo i primi cinque anni di permanenza non furono applicate restrizioni dopo tre anni di permanenza non malarica, diversamente dai vecchi criteri che non prevedevano alcuna restrizione di luogo o di tempo. Per accertata malattia di malaria, mentre le norme precedenti prevedevano tre anni di sospensione in seguito a cessazione della sintomatologia, le nuove disposizioni imposero l’esclusione integrale dalla donazione di sangue.

Infatti, anche per quanto riguardava la permanenza in luoghi esotici endemici di malattie tropicali e subtropicali, si registrò un innalzamento del periodo di sospensione del donatore. L’elevamento del periodo “finestra” permise una maggiore tranquillità nei confronti del donatore, quindi da un periodo di sei mesi dal rientro da zone endemiche, a tre anni per Tripanosomiasi e per la Malattia di Chagas. Due anni di sospensione per la Toxoplasmosi, due anni di sospensione per malattia di Lyme, sospensione di tre mesi per la puntura di zecca, cinque anni dalla guarigione di Osteomielite. Per reumatismo articolare acuto le linee guida SIMTI elevarono da due a cinque anni il periodo di sospensione dalla guarigione della malattia. Due anni di sospensione per brucellosi, sospensione e riammissione dopo la guarigione per contatto con un soggetto affetto da malattia infettiva e per infezioni respiratorie, addominali e urinarie. Per la TBC la riammissione fu ammessa dopo due anni di sospensione (5 per il Protocollo Regionale FVG), per soggiorno in zone endemiche di Epatite A tre mesi di sospensione dal rientro, sospensione dopo valutazione medica dalla guarigione di Leptospirosi (1 anno secondo il Protocollo Regionale). Sospensione sino alla guarigione per Herpes simplex e fino a due settimane dopo la guarigione per Herpes zoster. Sospensione per le malattie veneree: Gonorrea, uretriti non specifiche.

Aree di diffusione della Tripanosomiasi americana o malattia di Chagas

Esclusione per: Sifilide, granuloma inguinale e linfogranuloma venereo. Per la malattia di Creutzfeld-Jakob fu prevista l’esclusione dalla donazione per chi contrasse la malattia stessa e per chi aveva soggiornato almeno per sei mesi continuativi in Gran Bretagna dal 1980 al 1996. Per tutte le altre malattie infettive fu prevista la sospensione per due settimane dalla completa guarigione in assenza di terapia.

Le malattie ematologiche come l’anemia comportarono la sospensione con valutazione caso per caso per la definizione della causa; per la talassemia minore l’idoneità alla donazione fu condizionata dai livelli accettabili di emoglobina. Per tutte le altre malattie ematologiche fu prevista esclusione dalla donazione di sangue e plasma.

Passando alle cardiopatie, fu prevista l’esclusione per le maggiori patologie: coronaropatie, angina pectoris, aritmie gravi, vasculopatie, trombosi venosi o arteriosi ricorrenti, sindrome di Parkinson. Fu prevista sospensione con valutazione caso per caso per i blocchi e prolasso mitralico. Fu considerato invece idoneo il donatore soggetto ad ipertensione arteriosa a condizione che non ci fosse lesione d’organo.

Farmaci: antiaritmici, antibiotici, antinfiammatori, antipertensivi, cortisonici. Per questi farmaci i criteri di selezione del donatore rimasero fermi tra sospensione e valutazione. 15 giorni per gli antibiotici, 15 giorni per i cortisonici, 7 giorni per gli antinfiammatori, sospensione per il periodo di assunzione di antiaritmici. Per gli psicofarmaci, invece, mentre fu precedentemente prevista l’esclusione, ora il donatore rimase sospeso durante l’assunzione degli stessi, fino alla riammissione previa valutazione medica.

Permase l’esclusione dalle trasfusioni sanguigne per le principali malattie dell’apparato gastroenterico: colite ulcerosa, malattia di Crohn, morbo celiaco. Sospensione fino a guarigione per l’ulcera peptica.

Tatuaggi, piercing e agopuntura

Endocrinopatie: esclusione per le forme maligne e tumorali o autoimmuni per tiroide, surrene, pancreas, ipofisi, diabete in trattamento insulinico; una semplice sospensione per la patologie antinfiammatorie; idoneità in caso di ipotiroidismo.Un aspetto importante dei rischi connessi con la trasmissione dell’Epatite riguardò una serie di pratiche e usi sempre più diffusi fra la popolazione in special modo fra i giovani: i tatuaggi, i piercing, le pratiche di agopuntura, la foratura dei lobi auricolari. La sospensione dalla donazione di sangue è elevata da sei mesi ad un anno, ad eccezione dell’agopuntura eseguita sotto controllo medico (R98/463/CE).Per i soggetti portatori di Epatite B e C fu previsto un anno di sospensione per i loro conviventi e per i partners sessuali dalla fine della convivenza e dall’ultimo rapporto. Inoltre, l’infezione poteva riguardare anche i denti e le relative cure. Per qualsiasi cura odontoiatrica furono previste 48 ore di sospensione e un’intera settimana per le estrazioni dentarie. Una settimana prevista per tutti gli interventi chirurgici minori, un anno per gli interventi chirurgici maggiori e per diagnostica endoscopica. Fu disposta anche la sospensione per un anno per l’esposizione accidentale al sangue o agli strumenti contaminati con il sangue, mentre fu prevista l’esclusione per donatori coinvolti in casi di epatite virale post-trasfusionale.

Un mese di sospensione dopo la terapia o la cessazione dei sintomi per la broncopneumopatia acuta ed esclusione per la broncopneumopatia cronica grave. Inoltre, esclusione per la nefropatie croniche ma sospensione per cinque anni per forme acute (glomerulonefrite). Rimase escluso, altresì, dalla donazione il donatore affetto da malattie autoimmuni. La gravidanza comportava una sospensione per tutto il periodo, più un’ulteriore sospensione di un anno al suo termine. Sospensione di un anno per interruzione di gravidanza. Furono esclusi i donatori affetti da tutti i tipi di neoplasie maligne. Furono sospesi secondo la normativa vigente (D.M. 15.01.1991) i donatori sottoposti a terapia trasfusionale e i loro partners sessuali. Sospensione, invece, per un anno i donatori riceventi albumina e immunoglobulina. Per tutti i tipi di trapianto di organi vigeva l’esclusione dalla donazione di sangue, per il trapianto di tessuti, invece, sospensione come da normativa vigente.

Il documento terminò con i donatori che assumevano sostanze stupefacenti. Vennero esclusi coloro che assumevano tali sostanze per via endovenosa, mentre per via non endovenosa l’esclusione fu lasciata alla valutazione del medico dopo approfondito colloquio.

Con il 2005 le norme per i criteri di selezione del donatore cambiarono ancora. In alcuni punti s’irrigidirono ulteriormente, in altri si ammorbidirono, in altri ancora introdussero nuove situazioni fisiologiche e nuove disposizioni.

Il 2001 fu un anno proficuo di iniziative legislative. Le iniziative sorsero per colmare vuoti, lacune e problemi contingenti come le malattie infettive scoppiate alla fine degli anni Novanta e propagatesi in Europa nel primo decennio del 2000 (come visto sopra). Dalla seconda metà degli anni Novanta due furono, grossomodo, i problemi principali: in primo luogo, la mancata autosufficienza nazionale di sangue e plasma, dovuta alla disorganizzazione dei centri trasfusionali e alla marcata differenza di donazioni fra le regioni. Il problema riguardò la donazione del plasma. Vi furono infatti, regioni nelle quali la richiesta e la disponibilità di plasma donato fu superiore e regioni nelle quali costituì un deficit. L’urgenza fu di colmare la lacuna tra regioni in eccedenza e regioni in difetto, attraverso una reciproca compensazione. Il mancato scambio fu causato anche dal principio di gratuità e volontarietà della donazione che creò non pochi scompensi e problemi di bilancio alle aziende USL ospedaliere, oltre al processo di aziendalizzazione delle USL medesime. Gli effetti negativi furono: il rischio di importazione di sangue e, soprattutto, plasma sostenendo i relativi costi e, il continuo ricorso ai donatori occasionali con tutti i rischi connessi, perché ovviamente le regioni italiane che accusarono un deficit, non potendo disporre del materiale ematico delle altre zone della penisola furono costrette a cercare altre fonti di donazioni, come l’emergenza scoppiata nel luglio 1998 nel Lazio, in Campania, in Abruzzo e in Sardegna. La soluzione a quest’ordine di problemi fu la creazione di un Piano Sangue e di una forma di coordinamento nazionale unico.

In secondo luogo, il problema riguardò la sicurezza degli emoderivati. Gli esperti immunologi ed ematologi richiesero la creazione di un registro nazionale delle trasfusioni di sangue e di un’Authority tecnico-scientifica per l’informazione. Riduzione dei donatori occasionali e dell’importazione di plasma e derivati dall’estero da “datori” di sangue, ossia donatori remunerati; eseguire test validamente periodici sulle unità di sangue donato, sorveglianza sui pazienti e controllo sulle procedure di produzione degli emoderivati. Una prima soluzione legislativa parziale avvenne nel 1999 con l’approvazione di un testo unificato che riformò la legge 107/90. Nel 2000, il ministro della Sanità Rosy Bindi diede il via libera per la copertura finanziaria di circa 40 miliardi di lire del disegno di legge sul riordino del sistema trasfusionale in Italia.

Un altra questione che si trascinò in avanti da diversi anni fu il divieto alla donazione di sangue ed organi per gli omosessuali. Il ministero delle Pari Opportunità e la Commissione Diritti e Libertà richiedevano da tempo la cancellazione delle circolari del gennaio 1991 e dell’aprile 1992 che prescrivevano il divieto per gli omosessuali di prestare la donazione del proprio sangue ed emocomponenti e dei propri organi. Il ministro della Sanità Umberto Veronesi si è dichiarato disposto a cancellare tale divieto e di adeguare la classificazione italiana delle malattie con quella europea. L’ICD, l’International classification desease, infatti, esclude l’omosessualità dalle malattie, a differenza dell’elenco italiano che considera tale orientamento sessuale come parafilìa ovvero come una forma di perversione sessuale, oppure una malattia di origine psicologica e psichiatrica come l’omosessualità egodistonica. Per la tal forma di devianza e di “vizio”, l’omosessuale praticante era interdetto alla donazione del proprio sangue e dei propri organi. Il decreto che abolì definitivamente il divieto fu approvato nell’aprile del 2001.

Il 2001 registrò un’altra importante novità. Nel mese di ottobre fu creato a Milano il primo centro trasfusionale mobile in Italia, che sostò nelle piazze nel mese di dicembre. L’unità mobile fu realizzata dall’ospedale San Raffaele e fu chiamata Baobab dall’insieme dei nomi dei gruppi sanguigni (B-A-0-AB) e dal nome dell’albero che cresce nella savana e che rappresenta la fonte vegetativa della vita. Il centro mobile, lungo più di tredici metri e largo tre, fu composto da quattro aree interne con cinque persone del personale medico ed infiermeristico. Il centro fu fornito con materiale di alta tecnologia, per mezzo del quale si può accedere all’archivio informatico dell’ospedale, per avere una visione diretta e completa della storia trasfusionale del donatore. Il centro è provvisto anche di una saletta self-service per la colazione e di una Eco-Smart per la raccolta ed il trasporto dei flaconi di sangue.

Il progetto si inserì in una vasta campagna promozionale di propaganda e di formazione lanciata da tutte le associazioni nazionali (A.V.I.S., F.I.D.A.S., C.R.I., FRATRES) d’intesa con il Ministero della Sanità e i mass-media. Questa campagna produsse effetti largamente positivi per la crescita delle donazioni, avvicinandosi molto alle cifre ottimali per l’autosufficienza ritenute dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, migliorando gli standard donativi di diverse regioni sino a quel momento carenti come Puglia, Campania, Lazio e Toscana. Questa meravigliosa e feconda campagna di sensibilizzazione fu contemporanea ad un’azione legislativa italiana ed europea in materia.

La prima in ordine cronologico fu la Direttiva 2002/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 gennaio 2003. Questa direttiva modificò la direttiva 2001/83/CE e stabilì norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti, avvalendosi dei progressi scientifici, con l’obiettivo dell’inattivazione e dell’eliminazione degli agenti patogeni legati alla trasmissione del sangue e dei suoi emocomponenti. Pertanto la direttiva precedente, la 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001 garantì la qualità, la sicurezza e l’efficacia dei medicinali derivati dal sangue e dal plasma umano che vennero preparati industrialmente. Tuttavia, il fatto che quest’ultima direttiva escluse specificamente dal suo ambito d’applicazione il sangue intero, il plasma e le cellule sanguigne d’origine umana, creò una situazione in cui la qualità e la sicurezza dei componenti del sangue e del plasma destinati alla trasfusione e non trattati, non furono soggette ad alcuna normativa comunitaria vincolante. Le disposizioni comunitarie dovettero essere valevoli per tutto il percorso trasfusionale in tutti gli Stati membri. Il testo della direttiva 2002/98/CE elencò tutte le precedenti richieste e risoluzioni del Consiglio Europeo e della Commissione.

La direttiva distinse le specifiche funzioni delle banche del sangue da tutti i centri ematologici. La direttiva, inoltre, stabilì “meccanismi adeguati” per la designazione, l’autorizzazione, l’accreditamento e la concessione di licenze, per assicurare la conformità dei centri ematologici alla presente direttiva, organizzando anche controlli ed ispezioni da funzionari rappresentanti l’autorità competente. Il personale medico addetto alle sopradette operazioni doveva essere qualificato attraverso un’adeguata formazione. Il personale dei centri ematologici dovevano adottare sistemi di qualità attraverso procedure d’identificazione e di etichettatura del donatore, del paziente e del laboratorio, mediante appositi registri. Ci fu anche la necessità della vigilanza e dell’informazione sugli incidenti gravi e sulle reazioni indesiderate, connesse con le attività sul sangue, oggetto di questa direttiva. Volontarietà, gratuità anonimato del donatore e del ricevente, oltre alla riservatezza e privacy sulla situazione della salute dei donatori e dei riceventi da parte di tutto il personale medico-sanitario.

La seconda fu la Direttiva 2004-33-CE del 22 marzo 2004 che applicò la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni requisiti tecnici del sangue e degli emocomponenti. La direttiva dispose un’informativa da fornire ai candidati donatori di sangue e/o emocomponenti: materiale educativo accurato comprensibile al pubblico generale; motivi di richieste mediche, consenso informato, possibilità e motivi di esclusione o sospensione per rischi connessi con la donazione e trasmissione al donatore o al ricevente; tutela dei dati personali; donazioni dannose; informazioni specifiche sulle procedure della donazione; libertà di scelta e rinuncia della donazione; reciproco scambio di informazioni tra il donatore ed il centro ematologico sui rischi connessi con la donazione, su anormalità e motivi di scarto del sangue ed emocomponenti donati; risultati di esami su infezioni virali; ragguagli al donatore. La direttiva dispose, per converso, una serie di informazioni da richiedere al donatore, da parte del centro ematologico, per ogni donazione: l’identificazione del donatore; antecedenti sanitari e medici; firma del donatore. Proseguendo, la direttiva conteneva i criteri di idoneità del donatore per le donazioni allogeniche, ossia le donazioni nelle quali il donatore del sangue e/o degli emocomponenti destinava il materiale ematico donato ad altro individuo: criteri di accettazione e criteri di esclusione, permanente e temporanea, esclusione per epidemiologie particolari ed esclusione per le donazioni autologhe. La direttiva stabilì le condizioni di conservazione, trasporto e distribuzione del sangue e degli emocomponenti: conservazione allo stato liquido, crioconservazione, identificazione ed etichettatura delle unità autologhe e del donatore. Infine, i requisiti di qualità e sicurezza del sangue e degli emocomponenti: esame batteriologico durante la raccolta e la lavorazione; volume, emoglobina, emolisi, contenuto di leucociti per sangue intero e globuli rossi; volume, contenuto di leucociti, contenuto di piastrine e pH per piastrine; volume, controllo proteine, controllo cellulare, Fattore VIIIc per il plasma congelato; Fattore VIIIc e fibrinogeni per crioprecipitato; volume e contenuto di granulociti per i granulociti.

La terza normativa fu la Direttiva 2004/23/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani.

Nel 2005 seguirono altre due direttive CE nel mese di settembre (2005/61/CE e 2005/62/CE del 30/09/2005) e le relative norme nazionali di recepimento: i due decreti del ministro della Salute del 3 marzo; un decreto legislativo in agosto (19/08/2005, n. 191); infine, la Legge 21 ottobre 2005. Nel 2007 a novembre furono emanati due decreti legislativi in recepimento delle direttive europee (06/11/2007, n. 208 e 09/11/2007, n. 207) ed un decreto che “armonizzava” le direttive con la legislazione nazionale (06/11/2007, n. 191), così come un successivo decreto legislativo in dicembre (20/12/2007, n. 261).