Gli anni Ottanta: i giovani e il campo sportivo

Il 30 maggio 1980 viene eletto il nuovo Consiglio e il Collegio e finirà il 1° febbraio 1985. E’ stato il mandato più lungo della storia dell’associazione. Questo consiglio cominciò i lavori per la realizzazione del Monumento all’Emigrante. Un impegno lungo e oneroso che richiese ai Donatori e alla comunità sforzi e sacrifici non trascurabili. I lavori iniziarono nella primavera del 1984 e terminarono nel 1986. Sante Lenarduzzi fu rieletto presidente per la quarta volta; vice presidente Antonio Vivan; rappresentante dei donatori la sig.ra Vally Pellegrin; Segretaria: Maria Anna Lenarduzzi. Gli altri Consiglieri furono: Ferruccio Pancino, Bruno Santin, Vittorio Drigo, Costante Basso e Vinicio De Candido. I Revisori dei Conti: Eleonora Rossi, Benito Lenarduzzi e Giovanni Leon.

In questi anni fecero la loro prima comparsa parecchi giovani donatori. Fin da subito diedero il loro singolare e decisivo impulso. Nel 1978-79 (Virgilio Bisutti, Gian Paolo Chiandotto, Guglielmo Venier, Claudio Bertazzo, Aldo Venier, Lauro D’Agostin), e dodici tra il 1980 e il 1982 (Luigi Moro, Giuseppe Avoledo, Silvano Conte, Fides Babuin, Natalina Lenarduzzi, Valter Martini, Gabriele Moretto, Gianfranco De Candido, Rino De Candido, Tiziano Venier, Giuseppe De Monte, Alberto Santin). Fu indubbiamente un risultato proficuo per quegli anni, per un naturale ricambio generazionale.

Le donazioni aumentarono: dalle 29 del 1979 si passò a 46 nel ’80, a 57 nel ’81 e a 62 nel ’82.

Negli anni ottanta Domanins  crebbe nella sua attività sociale e del volontariato.

Quasi la metà delle attuali sezioni A.F.D.S. della Provincia di Pordenone si formarono dal ’70 al ’79, così anche, le sportive di calcio paesane. La Terza Categoria delle piccole realtà di paese, in quegli anni, crearono una costellazione di società sportive nel Pordenonese e nell’Udinese. Ciascuna per ogni zona; ogni paese, anche il più piccolo aveva ormai la sua squadra di calcio.

A Domanins, già dal 1977 fu costruito il campo da calcio per una società calcistica pura. Nel 1980, Domanins s’iscrisse al campionato della Terza Categoria dilettantistica, con l’Associazione Calcio Domanins (A.C.D.). Presidenti, Gino Pancino per primo e in seguito sostituito dal giovanissimo Gianfranco De Candido.

Un notevole impulso all’associazionismo lo diede anche il Gruppo Scout con i suoi promotori Franco Lenarduzzi, Lucia Roncadin e Manuela De Candido.

I Donatori di Sangue “colsero la palla al balzo” e conquistarono i giovani. Il nuovo campo sportivo, eretto alla fine dei Settanta, divenne nel periodo successivo il centro della vita sociale e giovanile del paese. La Porchetta – Festa annuale del donatore – si spostò definitivamente nel boschetto adiacente al campo e scandì il pomeriggio estivo nell’ultima domenica di luglio. Il luogo era perfetto, l’entusiasmo e l’ottimismo di quegli anni facevano da contenuto e da sfondo.

In questo divertente quadretto paesano si distinse l’idea e l’iniziativa del Monumento all’Emigrante, come il prodotto tipico, logico e naturale del “decennio creativo”, nel quale si fuse realtà storico-sociale del passato e del presente. Un profondo simbolismo filosofico universale e un diffuso sentimento religioso popolare, impressi in un elemento votivo costituito da una struttura architettonica squisitamente moderna ed originale.

Costruzione dell’edificio e spogliatoi della Sportiva di Calcio di Domanins, 1978.

Gianfranco De Candido, giovanissimo presidente dell’Associazione Calcio Domanins. Nella foto qui accanto è ritratto mentre premia un giocatore.

I volontari al campo per innalzare il faro dell’illuminazione.

Gita a Barbana: Donatori di Sangue con l’Associazione Calcio Domanins.

Una foto dei primi anni del Gruppo Scout di Domanins (fine anni settanta).

Campeggio del Gruppo Scout di Domanins a Rigolato (Ud) nell’agosto 1980.

I genitori e i compaesani di Domanins erano sempre visitatori frequenti ai campeggi estivi.

Giovani A.F.D.S. alla cena sociale 1984.

Guglielmino Venier in compagnia di Sergio e Giuseppe Maniago.

Gian Paolo e Lauro in gita.

Il Monumento all’Emigrante (1983-1986). Negli anni Ottanta l’A.F.D.S. Domanins realizzò la sua opera più grande e creativa.

La Porchetta nel boschetto del campo sportivo

Il presidente dell’A.F.D.S.-A.D.O. Sante Lenarduzzi, con l’aiuto di numerosi giovani del paese organizzò la Porchetta il 25 luglio. Con quattrocento chili di carne di maiale, duecentocinquanta chili di porchetta, e con fagioli, polenta, pane e formaggio, fu preparato il pranzo per le circa sette-ottocento o addirittura “mille” persone che ogni anno si danno appuntamento al boschetto del campo sportivo. Al boschetto si giunse dopo la cerimonia di deposizione dell’alloro al Monumento ai Caduti, per ricordare e onorare i donatori defunti. Il punto di ritrovo per tutti i partecipanti fu collocato dietro la chiesa del paese. Le sezioni consorelle con i labari, le autorità locali, e tutti gli altri invitati e i simpatizzanti si disposero in corteo, accompagnati dalla banda musicale dei paesi vicini, Vivaro o Valvasone. In quell’anno furono invitati i Bersaglieri della Brigata Garibaldi. Terminata la cerimonia, il corteo si diresse verso il campo sportivo, dove sotto le frasche si svolse la Santa Messa officiata dal pievano don Giuseppe Liut. Dopo la funzione religiosa cominciarono i discorsi ufficiali, presero la parola: il presidente Sante Lenarduzzi; il sindaco Lorenzo Ronzani; il cav. Luigi Luchini; il presidente dei Vivai Cooperativi Rauscedo sig. Attilio Marchi; il dottor Mario Pollastri presidente dell’A.F.D.S. Provinciale. Dopo fu l’ora del pranzo. Tutti noi ci mettemmo in coda con il vassoio per prendere le pietanze ai tavoli. Dopodiché ci sedemmo, ciascuno al suo posto, sulla sedia e sul tavolino in un angolino in mezzo al verde del prato, e cominciammo a mangiare. Verso le 14 assistemmo allo spettacolo preparato dalla fanfara della Garibaldi e diretta dal maestro Giancarlo Imeglio. La banda musicale ci fece ascoltare il Ballo del Qua-Qua, il Trentatré delle Penne Nere, il Flic Floc, il Reggimento di papà e altri motivi apprezzatissimi. Questa splendida giornata di sole ci riservò anche momenti di riflessione. Fu ricordata la realtà sociale dell’emigrazione, molto cara alla memoria di Domanins e dei paesi friulani. Il sindaco del Comune, cav. Ronzani, annunciò, infatti, che nel settembre prossimo, accompagnato da una delegazione, si sarebbe recato in Francia, per far visita alla cittadina di Bourges, ove sarà ricordata come il primo luogo dell’insediamento, negli anni Trenta, di emigranti del Comune di S. Giorgio in quelle zone. 

Col proseguire della giornata, la “Porchetta” presentò il suo lato ludico. Il sole e il clima caldo ci permisero di giocare una divertente partitella a calcio nel campo sportivo. Il tempo mutò e dovemmo smettere. Così ci accontentammo della briscola e della lotteria sotto le “fresche frasche” del boschetto. E la giornata passò in letizia fino a tarda sera, cominciata dalla notte del sabato per l’inizio della cottura dei maiali.

Porchetta 25 luglio 1982. La Banda dei Bersaglieri della “Garibaldi” e il Corteo dei Labari per ricordare i donatori defunti.

Questo breve racconto parlava della Porchetta del 1982, uno fra le più esemplari e meglio realizzate. Ma la Porchetta di Domanins, pur nelle sue molteplici varianti, mantenne sempre la stessa tipologia e gli stessi elementi costanti, fino ai giorni nostri. Le edizioni degli anni Ottanta si possono ammirare nella seguente serie di immagini che chi visse quel periodo conserva ancora amabilmente nella memoria.

La Porchetta del 1984 nella tipica riproduzione di Ginesio Romano, tradizionale cliché della manifestazione.

Il Popolo di Pordenone

 

Il Gazzettino 

Il Messaggero di Pordenone del 26/07/1982.

L’altare della S. Messa officiata da don Giuseppe Liut.

Cominciano i discorsi ufficiali con il presidente Sante Lenarduzzi.

Donatori di Domanins e di Turbigo con amici e simpatizzanti.

La fanfara della “Garibaldi”.

Una famiglia a pranzo, Porchetta 1980.

La cottura della porchetta.

I fratelli Aviani, Arvedo Cominotto e Giuseppe Sartor (Bepi Murlis) furono i quattro specialisti delle Porchette che abbiamo conosciuto a Domanins. La Porchetta viene disossata. Bepi Murlis e Arvedo Cominotto.

Sotto: la Porchetta di notte. Lo specialista Bepi Murlis.

Alberto Galasso e Giovanni Lenarduzzi.

Le vie della solidarietà

L’A.F.D.S. Domanins, nella sua storia, non si dedicò solo a donazioni di sangue o a momenti conviviali. La sua attività si è distinta ancora per la generosità verso chi ne ha avuto bisogno: persone, associazioni, istituti. Per altro verso, l’A.F.D.S. non ha mai dimenticato le molte persone ed istituzioni che li hanno aiutati e le sono state accanto. I periodici contributi della Cassa Rurale ed Artigiana di S. Giorgio della Richinvelda, e l’altruismo dei compaesani che non è mai mancato all’appuntamento. Le offerte alla Porchetta e alle cene, e le donazioni in denaro hanno sempre riempito di soddisfazione.

Lettera di contributo della Cassa Rurale ed Artigiana di S. Giorgio della Rich.da.

Contributo in denaro a “La Nostra Famiglia”, l’istituto per la riabilitazione e la formazione sociale dei bambini portatori di handicap. I contributi economici dell’A.F.D.S. Domanins non sono mai stati solo semplici atti di generosità, ma rispondevano ad un’idea “totale e completa” della solidarietà che andava al di là dei suoi fini sociali.

Antonietta Basso saluta i donatori di sangue con una bellissima lettera e con una generosissima offerta di un milione di lire.

“Domanins, 29 luglio 1983. Carissimi Donatori di Sangue. Io sono anziana anche con piena di malore. Io vorrei essere più giovane Vorrei essere una di voi che fate tanto bene per quelli che hanno bisogno del vostro aiuto. Io vi fo auguri che sempre andate avanti con il vostro caro e buon aiuto per tutti. Vedrete che un giorno sarete ricompensati dal bene che fate io vi dono lire 1.000.000 mille. Un caro saluto a voi cari tutti.

Aff. ma Antonietta Basso. Scusatemi del mio povero aiuto.”

Donazione di materiale audiovisivo alla Scuola media di San Giorgio della Richinvelda. Lettera di ringraziamento.

La solidarietà come fine porta l’A.F.D.S. ad intraprendere un rapporto stabile, di amicizia e di collaborazione con la Via di Natale di Aviano.

L’edificio della Via di Natale costruito, nel 1988, con i piani di ospitalità. L’Hospice invece fu realizzata nel 1996.

La Via di Natale è un’importante realtà associativa del Pordenonese. E’ un’associazione privata, umanitaria e laica, sorta con lo scopo del combattere le malattie del cancro. Nacque nel dicembre del 1977 per iniziativa e opera di Franco Gallini, commerciante di Pordenone, il quale, con la collaborazione di amici e personalità diede vita alla struttura. La nuova associazione promuove e sostiene la battaglia contro le malattie tumorali attraverso lo studio, la ricerca scientifica e l’educazione. Il suo scopo è impedire che i malati si rivolgano esclusivamente all’estero o in altre strutture al di fuori della Regione, per cercare cure e guarigioni. La Via di Natale s’impegnò fin dai suoi esordi a garantire la preparazione e l’aggiornamento medico-scientifico agli oncologi, presso gli Istituti nazionali ed internazionali. In seguito l’Associazione riuscì ad acquistare il materiale medico-scientifico e le apparecchiature necessarie, e ad organizzare incontri di formazione e convegni medici, anche a scopo divulgativo. I contributi pervenuti all’associazione furono tutti contributi privati da parte di sostenitori benemeriti e di semplici simpatizzanti. Nel 1984, dopo un’intensa campagna voluta dalla Via di Natale, nacque il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano (CRO). Nel 1988 La Via di Natale costruì la propria sede sociale ad Aviano. L’edificio è formato dai piani di ospitalità ove vengono ricoverati i malati oncologici in terapia ambulatoriale e i loro famigliari; inoltre, dagli anni Novanta è presente, all’interno della struttura, la Hospice, ove sono ospitati i malati terminali. La Hospice evita al malato terminale, proveniente da qualsiasi istituto, le situazioni di abbandono e di disagio, alleviando il dolore della solitudine, e “a vivere bene il tempo che resta”, come recita lo slogan del sodalizio. Con gli anni Novanta la sede diventò sede di tirocini per studenti universitari di diverse Facoltà, e istituì il Centro Studi Cure Palliative – Franco Gallini e l’Assistenza Domiciliare al malato terminale oncologico.

A tutt’oggi, la Via di Natale ha accolto più di trentamila ospiti nei piani di ospitalità e quasi duemila persone nella Hospice. L’associazione divenne famosa anche per l’organizzazione dell’originalissima Lucciolata, una camminata a piedi per 3 km per le vie e le piazze del proprio paese. La manifestazione è stata adottata da molte associazione del volontariato – e non – della Provincia di Pordenone. A Domanins fu realizzata per la prima volta nel 1993 dall’A.F.D.S.

La Via di Natale è stata interamente finanziata con i soldi dei privati. Fra i piccoli sostenitori vi è anche l’A.F.D.S. Domanins, come dimostrato da questi tagliandi.

Il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano (CRO) come è oggi. Fu costruito nel 1984.

Bilanci e vita sociale

“Non mancò nulla in questi anni all’A.F.D.S.!”. Le porchette e le serate in allegria, la cultura del dono, della solidarietà e dell’impegno civile e sociale, la Via di Natale e le serate mediche.

Non mancarono gli intrattenimenti a scopo ricreativo e culturale, come la rappresentazione teatrale umoristica in friulano che si è tenuta nelle aule dell’asilo nell’inverno del 1983.

Nel 1982, uscì una pubblicazione a carattere storico di Luigi Luchini sulle origini delle famiglie di Domanins. Il libro, stampato e divulgato a cura della sezione, è tuttora una documentazione rara e preziosa, la quale, integrata ed ampliata dagli alberi genealogici famigliari che l’autore ricavò nella sua paziente e minuziosa opera di ricerca storica negli archivi parrocchiali, sintetizza e completa il quadro storico del paese.

Dal 1980 al 1984 la media donazioni si aggirava sui 45,8 prelievi l’anno, con punte massime di 57 nel 1981 e 62 nel 1982 e con una media donatori attivi di 48,2 ogni anno. Il primo quadriennio che andava dal 1968 al 1971, registrava 58,5 donazioni medie annue con 48,7 donatori attivi annui. Il divario dopo quindici anni era dovuto al fatto che in quegli anni Ottanta – dal 1983 al 1989 – si era verificata una scarsezza di chiamate per volontà del Centro Trasfusionale di Spilimbergo. Nel 1989 la Sezione di Domanins raggiungeva il suo punto più basso con sole 23 donazioni all’attivo. I nuovi donatori furono 6: Renzo De Candido nel ’83, Andrea Luchini nel ’85, Mara Bisutti nel ’87, Giuseppe Maniago nel ’88, Gino Pancino e Loris Pancino nel ‘89.

Le benemerenze sociali aumentarono: nel 1981 Domanins ottenne la sua prima medaglia d’oro con Sante Lenarduzzi per 50 donazioni effettuate mentre tre furono le medaglie d’argento: Bruno Santin, Eliseo Giacometti e Arduino Martini con 35 donazioni.

Questa grande Sezione del piccolo paese cominciava progressivamente ad esibire i segni del proprio merito e dell’anzianità fra le quarantatré sezioni che vi erano allora nell’A.F.D.S. della Provincia di Pordenone.

Il contributo dell’Associazione provinciale alla Sezione di Domanins per l’anno 1980: la sovvenzione ordinaria annua di lire 75.000 e il contributo spettante per le 46 donazioni effettuate di lire 23.000.

Le vie della solidarietà” si osservano soprattutto nei consuntivi di fine anno: la generosità degli enti, dei privati, e dell’A.F.D.S.. Con il lieto fine di un utile sempre in attivo.

L’A.F.D.S. fa cultura da sempre. La promozione del sangue non è la sua unica specialità: teatri, serate mediche e pubblicazioni sono stati oggetto della sua attività.

Sotto: un simpatico teatrino in friulano, organizzato nell’inverno del 1983 nella sala Obberoffer, che attirò l’interesse di un pubblico gremito.  l’A.F.D.S. diventa anche “casa editrice”, curando le pubblicazioni di Luigi Luchini, storico di Domanins e autore di numerosi libri sulla cultura e la società del territorio.

Qui a destra: le famiglie di Domanins dalle origini fino ai giorni nostri. 1982.

Rappresentazione teatrale nelle sale dell’ex asilo, inverno 1983.

Le immagini della cena sociale del 1981

Tanto lavoro ed impegno portano anche a grandi risultati e riconoscimenti!

Medaglia d’oro a Sante Lenarduzzi, primo oro dell’A.F.D.S. Domanins, 18 ottobre 1981.

Riconoscimento a Sante Lenarduzzi, 14 febbraio 1982.

Un monumento per l’emigrante e il viandante

Gli anni ottanta offrirono a Domanins un’eccezionale opera dei Donatori di Sangue, significativa e degna di nota. Rappresentativa del recente e migliore passato del paese, originalissima per l’architettura moderna e criptica nel suo significato filosofico e religioso, tale fu il Monumento all’Emigrante. La storia contemporanea dell’emigrazione, di uomini in cerca di terra e di lavoro, che interessò la maggior parte delle famiglie di Domanins, e la tutela della sua memoria che l’attivissima Sezione A.F.D.S. si premurò di curare, attraverso numerosi contatti, visite e scambi di doni, generarono, in un clima propizio di entusiasmo collettivo, un’opera unica nel suo genere e degna di nota. L’idea maturò nella mente dei Donatori di Sangue, in particolare, dal presidente Sante Lenarduzzi nel 1983. Per la verità, il capitello dedicato a tutti gli emigranti fu un concetto che si sovrappose all’idea di una chiesetta dedicata alla Madonna e al Viandante, desiderio espresso dal vecchio e grande parroco don Gallo Moschetta. Sante Lenarduzzi ne discusse con il proprio direttivo per poi comunicare l’iniziativa a don Liut e al Consiglio Parrocchiale. I lavori cominciarono l’anno successivo per aver termine due anni più tardi.

Nel bel mezzo di questo periodo l’A.F.D.S. rinnovò il proprio consiglio direttivo. Il 1° febbraio 1985 si svolsero le elezioni. Presidente: Sante Lenarduzzi; vice presidente Vinicio De Candido. Rappresentante dei Donatori: Vally Pellegrin. Segretaria: Maria Anna Lenarduzzi. Consiglieri: Gian Paolo Chiandotto, Ferruccio Pancino, Guglielmo Venier, Ivo Romano. Revisori dei Conti: Giuseppe De Monte, Fides Babuin, Giovanni Leon. Il nuovo direttivo si rese promotore di un’altra iniziativa analoga in tema di emigrazione. Nell’agosto del 1985, quasi al termine dei lavori, Domanins ricevette la visita dell’onorevole Sergio Marchi originario di Domanins, figlio di Ottavio e Luisa D’Agostin. Classe ’56, laureatosi in Urbanistica, nel 1984 Sergio Marchi fu eletto parlamentare nelle file del Partito Liberale Canadese. L’A.F.D.S. lo invitò alla “Porchetta” ma per motivi di lavoro l’onorevole non riuscì ad essere presente. Giunse successivamente nel mese di agosto accolto assieme ad una delegazione dell’Ente Friuli nel mondo. L’onorevole Marchi e gli altri invitati furono ospitati nelle aule delle scuole elementari di San Giorgio della Richinvelda, per l’annuale Festa dell’Emigrante. La serata trascorse con una cena e con discorsi finali sul tema dell’emigrazione friulana.

Domanins dedicava una delle sue serate migliori ad uno dei temi storici più importanti, così l’A.F.D.S. attraversava il climax di un’esperienza e di un pensiero dedicati ad una vicenda profonda che coinvolse e coinvolge il destino di una comunità e quello di ogni individuo. Un destino che Domanins ha fatto proprio, nella storia e nella definizione del suo presente e così i Donatori di Sangue che hanno sempre unito la solidarietà alla storia ed al territorio.

La serata con gli emigranti e con l’onorevole Marchi, ricca di allegria e di ricordi, si collocava proprio nel periodo del Monumento, ossia nella sua fase “riflessiva” e di impellente attesa di termine e di sistemazione definitiva dell’opera, con la statua della Madonna.

Lo scrutinio delle elezioni del 1° febbraio 1985.

Due foto dell’onorevole Marchi alla Festa dell’Emigrante con i “compaesani” di Domanins Santin e Vinicio, e i membri dell’Ente Friuli nel Mondo.

Discorso di Ottavio Valerio. A destra Santin, e seduti, si notano Vally ed il sindaco Ronzani.

 

Foto ricordo.

Il Monumento è composto da un capitello, collocato all’interno di un’area pavimentata, e, la statua della Vergine Madre – Madonna della Pace e dell’Assunzione che abbraccia l’Umanità. L’opera fu il risultato di tre anni di lavoro e di progetto. L’iniziativa partì da Sante Lenarduzzi, presidente dell’Associazione dei Donatori di Sangue del paese. L’idea nacque a Santin nell’inverno tra il 1982 e il 1983. Per conoscerne i motivi originari bisogna, però, andare ancora più indietro nel tempo. Santin, infatti, volle esaudire il desiderio del vecchio parroco don Gallo Moschetta. Prima della sua morte (avvenuta nel 1974), il grande sacerdote voleva che fosse costruito “un capitello, sacro e votivo, dedicato alla Madonna e al Viandante che, stanco e assetato, ivi trova ristoro”. Secondo il “pievano di ferro”, la Madonna nel ’45 avrebbe risparmiato Domanins dalle violenze distruttive della guerra, grazie alle preghiere e ai suoi ex voto. Don Gallo volle, inoltre, che l’opera fosse collocata “…nella zona tra Domanins e Rauscedo”. Il presidente dei Donatori pensò che quello era il momento propizio. Il “pustìn” confidò la sua idea al Consiglio Direttivo di Sezione e a don Liut. In seguito alla sua proposta, si formò un comitato parrocchiale che si pose l’obiettivo di realizzare l’opera. “Il Monumento sarà costruito con un’effigie sacra della Vergine, e collocato in un’abitazione di via Belvedere, vicino all’incrocio con via della Pace. Il posto ideale dove finisce l’abitato e comincia la campagna.”

Il comitato incaricò Ettore Polesel, giovane architetto di Sacile. Polesel, a quell’epoca, lavorava per la nostra Parrocchia, ed era conosciuto nel vicinato per aver svolto lavori di ristrutturazione e di recupero edilizio dopo il terremoto del ’76. Il giovane architetto, dopo una riunione con i componenti del comitato, stese una bozza del progetto. Era l’aprile del 1983 e Polesel, nella sua creazione originale, pensò di estendere la figura e il concetto del viandante con quella dell’emigrante, più storicizzata e adeguata al paese.

Per la composizione della statua della Santa Madre, fu scelto Edo Janich, noto artista originario di San Giorgio della Richinvelda, e, all’epoca, residente a Valvasone. Janich rappresentò indubbiamente una firma prestigiosa. Nel giro di pochi anni acquistò una fama a livello mondiale, nell’arte della scultura e dell’incisione. Janich accettò la proposta fattagli dai parrocchiani di Domanins, e, dopo aver studiato la bozza di Polesel, cominciò a lavorare, in piena autonomia di scelte e di tempi.

La storia dei lavori si può suddividere in tre fasi. Come primo passo, bisognava erigere il capitello. Dal progetto fino all’inizio effettivo dei lavori passò però un intero anno. La prima pietra fu posta nel maggio del 1984. Polesel trovò un nutrito gruppo di operai volenterosi pronti a tradurre in realtà la sua idea. I principali lavoratori furono quattro o cinque, aiutati da una ventina di collaboratori, fra adulti e giovani. I lavori procedettero con ritmo spedito, tantoché il capitello e il muro esterno furono completati in meno di tre mesi. Polesel, allora, convocò una commissione, proveniente dall’Austria, al fine di esprimere un parere tecnico. Gli architetti rimasero molto soddisfatti dell’opera e impressionati dalla “sapiente e ingegnosa struttura dei casseri” creata per erigere l’armatura. L’approvazione della commissione diede, ufficiosamente, l’avallo. In agosto, perciò, il Monumento ebbe un suo primo e ufficiale “battesimo”. Ci fu una piccola cerimonia di benedizione officiata da don Liut, e la deposizione di una pergamena all’interno di un’urna interrata sotto il sacello. La pergamena conteneva l’elenco dei nomi di coloro che hanno lavorato al Monumento. Fu posta quel giorno dal sindaco Cav. Lorenzo Ronzani, col proposito di essere riaperta dopo cent’anni. Dopo questa prima inaugurazione, i lavori proseguirono. Il Monumento aveva ancora bisogno di qualche particolare e di qualche piccola rifinitura. L’opera sacra necessitava di vari elementi che erano indispensabili per esprimerne il significato: il capitello; il muro; il pavimento; la panca e le pietre con i sassi e con la croce; le aiuole con le piante. I volontari di Domanins aspettavano nuovi aiuti e contributi, e andarono avanti con proprie arti e strumenti per un altro anno ancora, fino ad arrivare fino all’autunno del 1985. In novembre, tutte le armature erano ormai terminate, mancava solo la statua della Vergine. Janich aveva bisogno ancora di qualche mese per approntare l’effigie sacra. L’ultima fase fu quella dell’attesa del capolavoro dell’artista richinveldese. L’appuntamento fu quindi rinviato al 1986, al 14 agosto. La Madonna fu ultimata solo qualche giorno prima e inserita fra le pareti del sacello.

Il gran giorno finalmente arrivò. Il Monumento all’Emigrante fu definitivamente completato. Durante la cerimonia, i due artisti presentarono l’opera con una ricca spiegazione. Quel giorno decine di persone si riunirono sullo spiazzo antistante il Monumento per partecipare alla celebrazione solenne. Era giovedì, e l’afoso clima estivo non impedì l’afflusso di tanti ammiratori sul posto: uomini, donne, anziani, i giovani di Domanins e i giovani dei paesi vicini, assieme a molte autorità civili e a personalità del mondo politico locale. La cerimonia cominciò alle 17:30, con una Santa Messa officiata dal parroco don Giuseppe Liut. La celebrazione si svolse con la speciale presenza del Vescovo Monsignor Abramo Freschi che, circondato da vari sacerdoti della zona, benedì l’opera scultorea e pronunciò l’omelia. Riservò parole di elogio ai realizzatori, e, a tutti quelli che hanno contribuito alla conservazione della memoria dell’emigrante, e della storia tormentata dell’emigrazione friulana. Perché questi furono, infatti, i motivi e le finalità che ne ispirarono la costruzione: ricordare e raccontare la storia di un fenomeno sociale che ha caratterizzato la quasi totalità delle famiglie di Domanins, all’interno di un’interpretazione assolutamente religiosa, cristiana.

Il Monumento all’Emigrante con la statua della Madonna sono stati realizzati in una forma “moderna o postmoderna”. L’aspetto e il significato sono ermetici e indubbiamente incomprensibili ai più. Il Monumento ha la medesima funzione di un capitello o di una chiesetta di tipo tradizionale. Il suo luogo, ove l’abitato finisce e comincia la campagna, permette al viandante di riposarsi alla fonte spirituale che la Santa Madre gli offre. La vicinanza con il verde e con la vegetazione, che crescono nelle aiuole, sottolinea la continuità della vita oltre la morte. E vita, morte e rinascita sono il significato dell’opera. La lettura del Monumento parte dal muro che simboleggia la vita terrena. Il muro è interrotto da numerose fratture e sporgenze, così come nel circolo dell’esistenza l’uomo incontra le innumerevoli difficoltà che lo accompagnano nella vita in tutte le sue fasi, dall’infanzia, passando per l’adolescenza, la giovinezza e la lunga maturità fino alla vecchiaia e morte. Un vissuto costellato di sconfitte e di dolori, come di vittorie e di gioie. L’esistenza di ogni individuo rassomiglia a quella di un viandante, e, nello specifico, a quella dell’emigrante, ossia al suo continuo peregrinare lontano dalla propria casa e dalla propria famiglia, in cerca di lavoro e fortuna. Il muro percorre lo spazio sacro e delimita il pavimento composto da tanti cerchi concentrici di piccole pietre, sapientemente distribuite a mosaico. I cerchi rappresentano i vari mondi dell’emigrazione: le Americhe; l’Africa; l’Australia; l’Europa dell’Austria-Ungheria e dei paesi germanici, della Russia, della Francia e della Romania. La vita dell’emigrante passa attraverso le terre fino a fare, un giorno, ritorno a casa. Alla fine del muro c’è il termine. Nella fase della vecchiaia, l’uomo si siede su una panca, e, guardando a terra il pavimento, gli si presentano davanti due grosse pietre. La prima pietra è cava e contiene i sassi del Tagliamento, ossia gli oggetti della propria terra che ritrova alla fine del viaggio. La seconda è chiusa, e su di essa è incisa una grande croce, che gli indica il nuovo viaggio da intraprendere. I due massi stimolano la riflessione dell’uomo-emigrante. Entrambi racchiudono il significato della vita che gli apparirà in tutta la sua chiarezza solo osservando l’intero percorso compiuto. E nella seconda parte della vecchiaia, più vicina alla fine della vita, dove l’elemento orizzontale dell’esistenza terrena si congiunge con la linea verticale del capitello, che conduce la vita verso la trascendenza. La linea del muro alla fine della vecchiaia s’interrompe, e quindi, non continua con una rinascita terrena, ma prosegue verso l’alto, attraverso il capitello, elemento fondamentale, conclusivo e chiarificatore. All’interno di esso vi è la Madre, raffigurata mentre abbraccia il mondo rappresentato da un incavo circolare. Di fronte a Lei, il Bambin Gesù. E’ Lei che parla all’uomo-emigrante. L’abbraccio ultraterreno della Madonna è la sola giustificazione dell’esistenza, l’unico scopo ed eterna consolazione dell’emigrante e dell’umanità. In questo punto, inizio e fine coincidono su un piano più alto.

Questa è la spiegazione del Monumento. Le parole degli artisti risuonarono nella folla presente in quel pomeriggio di agosto. A suggello del capolavoro, fu incisa la seguente strofa sulla parete interna del capitello:

Ave, o Maria, Arca dell’Alleanza

che proteggi l’Emigrante

e il Viandante.

14 agosto 1986

Il folto pubblico plaudì all’opera di Polesel, di Janich e dei volontari di Domanins.

La giornata celebrativa fu allietata dalla fanfara Bersaglieri di Tauriano che, ospiti della giornata, intonarono l’inno di Mameli, seguiti da un fragoroso applauso del pubblico presente. Presenti anche i giovani del Gruppo Scout di Domanins e della Corale di Rauscedo. Successivamente, ci furono gli interventi delle altre personalità presenti alla cerimonia. Presero la parola il commendator Tommaso Boer, dell’Ente friulano per l’assistenza sociale e culturale degli emigranti di Pordenone (EFASCE), e il Cavalier Renato Appi dell’Ente Friuli nel mondo. Il sindaco Ronzani, inoltre, consegnò un attestato di riconoscenza ad un emigrante del Comune di San Giorgio che aveva fatto ritorno nella nostra terra dopo 37 anni di assenza.

Al termine della funzione religiosa fu posta la corona d’alloro al monumento ai caduti, e, subito dopo fu inaugurato il nuovo edificio che avrebbe ospitato le opere parrocchiali, nel quale Edo Janich espose, proprio in quel pomeriggio, la mostra delle sue opere, illustrata dal professor Sandro Serena. La giornata di festa continuò, fino a tarda sera, nei locali delle scuole comunali di San Giorgio. Cena comunitaria ed esibizioni musicali conclusero i festeggiamenti. Infine, una bella foto ricordo per immortalare i quattro maggiori protagonisti del Monumento.

Il Monumento fu un vero fiore all’occhiello per Domanins e per i suoi emigranti nel mondo. Collocato in bella posizione sulla strada provinciale del Sile che congiunge Pordenone a Spilimbergo, esso è stato un’attrazione singolare e apprezzata per il gusto e la sensibilità dell’epoca. Nel giorno dell’inaugurazione fu divulgato un piccolo libro curato dai compaesani Vannes Chiandotto e Luigi Luchini, e dal giornalista friulano Licio Damiani. Un piccolo ricordo di storia del paese e dell’emigrazione, con un’esposizione critica e architettonica sul tema e sul significato del Monumento. Il nostro Monumento ha l’onore di essere stato, in provincia, il primo dedicato all’Emigrante in ordine di tempo. In anni più recenti, ne furono innalzati altri con simile valenza simbolica a Cordenons, Azzano Decimo, Fratta di Caneva, San Quirino.

Negli anni Duemila, il Monumento – costruito su un terreno privato – allora appartenente simbolicamente al paese, fu ceduto definitivamente alla Parrocchia. Negli ultimi tempi è stato oggetto di continue cure e abbellimenti da parte, o della Parrocchia, o della Sezione Donatori di Sangue, o da parte di volontari del paese. A causa, però, della scomparsa dei maggiori protagonisti dell’iniziativa, che hanno fino alla fine custodito la memoria scritta e orale, il Monumento, con il naturale passare del tempo e col sovrapporsi degli immancabili impegni della vita ordinaria, è passato un po’ nel dimenticatoio. E’ finito nel silenzio dell’abitudine, nelle messe e nei rosari stagionali. Nel settembre scorso, i Donatori di Sangue hanno sistemato all’interno della sua area, una piccola didascalia al fine di illustrare al pubblico il suo significato e i nomi dei realizzatori.

E’ doveroso ricordare che l’opera è nata anche con il generoso contributo di molti, della Parrocchia e della Cassa Rurale ed Artigiana, e anche di molti privati, compaesani ed emigranti. Un’epoca nella quale la solidarietà era ancora un imperativo categorico. Il Monumento all’Emigrante ha unito animi e intelligenze. Ha saputo raccogliere qualità, spirito di sacrificio e di gratuità. Ha raccontato – e racconta tutt’ora – una storia di sacrifici e di umiltà che il benessere attuale ha allontanato dalle nostre coscienze e dalla nostra sensibilità. La distanza nel tempo non deve far dimenticare questo capolavoro, con il quale Domanins ha saputo raccontare sé stessa, esprimendo le sue forze migliori e la sua migliore creatività.

Lo schizzo e la piantina del Monumento (lo “spermatozoo” come fu chiamato).

Vittorio e Natalio. A destra Vittorio con Santin. Sopra: le legna accatastate in casa Drigo.

(sopra) Discorso inaugurale di Vannes Chiandotto. (sotto) La benedizione di don Giuseppe per la posa della prima pietra con posa nell’urna della pergamena contente i nomi di tutti i volontari che operarono alla costruzione del capitello. L’urna – fu disposto – verrà aperta cento anni dopo dai posteri per conoscere chi contribuì alla costruzione del Monumento. Copia della pergamena è custodita negli archivi parrocchiali.

L’opera completa con la statua della Santa Vergine.

La statua della Vergine Maria dello scultore Edo Janich. L’effigie fu messa solo il giorno dell’inaugurazione.

14 agosto 1986: Riconoscimento e felicitazioni da parte dell’Amministrazione Comunale a Sante Lenarduzzi.

Orfeo Pianta, Natalio Lenarduzzi, Ettore Polesel, Sante Lenarduzzi.

Il ventennale e la fine di un ciclo

 

Gli anni ottanta furono un decennio molto felice e quasi indimenticabile per la maggior parte di coloro che lo vissero e che lo hanno conservato nella memoria. Fu anche un’epoca dedicata ad eventi ed iniziative filantropiche e umanitarie. In questo periodo l’associazionismo trovò un terreno fertile per crescere, unendo giovani e meno giovani, e questo sia nelle grandi come nelle piccole realtà. le campagne a favore dei popoli del Terzo Mondo, contro la fame, contro la povertà e contro l’analfabetismo e l’ignoranza, contro la pena di morte, contro l’apartheid, la deportazione e la schiavitù.

Gli anni ottanta furono in particolare gli anni della lotta contro due grandi malattie che colpirono, e colpiscono tuttora, il nostro organismo: il Cancro e l’Aids condotte attraverso battaglie socio-sanitarie, informative e culturali. Fu proprio l’Aids che scardinò le regole operative dei Servizi Trasfusionali, mettendo in discussione tutta la conoscenza acquisita. I trasfusionisti ebbero bisogno di definire nuove metodologie per la selezione dei donatori, rinnovare ed estendere le procedure di controllo e lavorazione degli emocomponenti. E proprio alla fine del decennio il Consiglio Europeo avviò un dibattito sull’autosufficienza europea per sangue e plasma.

A Domanins ricordiamo, in quegli anni, la partecipazione alla vita sociale dei giovani, sia per i Donatori di Sangue come per gli altri gruppi e per sé stessi. Giovani, meno giovani, bambini, adulti ed anziani, “belli e brutti”, tutti nei nostri ricordi li ammiriamo divertirsi gustando la porchetta, partecipare ai giochi di società del pomeriggio, giocare alla briscola, scegliere di giocare la classica partita di pallone nel campo da calcio in venti, trenta, settanta di loro oppure ritirarsi al chiosco ascoltando musica con la radio a palla.

Il consueto e puntuale piccolo contributo dei Donatori di Sangue alla Via di Natale.

All’epoca il tempo libero dedicato alle associazioni era il momento per lo sviluppo di temi profondi e obiettivi impegnativi.

Ebbe un grande successo in questi anni lo scoutismo, che raggruppava un gran numero di giovani di Domanins, provenienti dal resto del Comune e da altri paesi. In questi anni fece la sua comparsa una nuova associazione a scopo sociale e volontario e di composizione squisitamente giovanile: il Ciliegio. Il Ciliegio nacque a Rauscedo nel 1987-88 (chiuse l’attività nel 1992) per iniziativa di un gruppo di giovani di Rauscedo e Domanins con sede in un piccolo locale della Casa degli Anziani in via della Chiesa. La sua finalità fu la cura degli anziani nell’organizzazione del loro tempo libero ricreativo e rispettoso delle loro esigenze. Il Ciliegio organizzò feste e gite per loro, ma anche concerti musicali per giovani come uno realizzato nel boschetto del campo sportivo di Domanins nell’inverno del 1991.

Ottobre 1987: un’immagine del Gruppo Scout di Domanins. Fila in alto da sinistra: Tamara Gaiatto, Loris Pancino, Alberto Candido. Fila in basso da sinistra: “Ricky” Fornasier, Mary Drigo, Stefano Fornasier, Maria Elena Fornasier.

Anche lo sport ebbe in questi anni i suoi maggiori momenti di gloria e di unione fra le tre associazioni sportive di calcio del comune di San Giorgio della Richinvelda.

Nel 1987 la squadra degli Esordienti dell’Associazione Calcio Domanins vinse per la seconda volta il campionato provinciale e per la prima volta il titolo regionale di categoria. La soddisfazione fu enorme. L’appassionata e dinamica formazione giovanile riunì i migliori giovani calciatori del nostro Comune. Per festeggiare e coronare l’ambito traguardo, il gruppo dei dirigenti dell’A.C. Domanins e della Società Sportiva V.C.R., per iniziativa di dirigenti e sportivi di entrambe, decisero di creare un torneo calcistico grazie anche al gemellaggio tra la Sportiva di Rauscedo e la società calcistica della cittadina tedesca di Ascheim.

I contatti furono favoriti da compaesani e in particolare da un nostro di Domanins emigrato in Germania.

La piccola compagine fu entusiasta di questa prestigiosa iniziativa. Gli incontri di calcio in Germania cominciarono per Domanins fin dai primissimi anni Ottanta, ma furono incontri fra squadre amatoriali o fra gruppi di amici. Nell’estate del 1987 infatti fu organizzata una trasferta in Germania con un gruppo misto di esordienti del Comune, denominato “Rauscedo”.

L’anno successivo il volenteroso gruppo dirigente decise di organizzare qui in Italia, nel nostro piccolo Comune di San Giorgio un piccolo torneo estivo con la partecipazione di squadre straniere del vicinato regionale europeo (Austria, Germania, Jugoslavia) e di squadre italiane di prestigio come Milan e Udinese.

Nacque così, nel 1988, il Torneo Giovanile Internazionale dell’Amicizia. Nella prima edizione, il torneo comprendeva otto squadre e si svolse nei tre campi da calcio regolari, a San Giorgio, a Rauscedo e a Domanins.

L’idea di questa interessante disfida internazionale coinvolse le tre società sportive comunali che presentarono al torneo il gruppo giovanile dei Giovanissimi e degli Allievi dell’A.C. Domanins allenati da Flavio De Candido in rappresentanza del nostro Comune. Gino Pancino, Gino Col e Giuseppe De Monte composero, in rappresentanza di Domanins, il Comitato Organizzatore del Torneo.

Il Torneo fu creato per spirito sportivo e di amicizia fra i popoli. Lo scopo fu quello di “abbattere il muro” che divideva le tre associazioni sportive comunali e “andare oltre il proprio orticello” per non “guardare solo nel proprio campanile”.

In un ambito più ampio, un torneo internazionale, secondo le premesse formulate nell’atto costituivo e sotto l’egida e lo spirito dello sport del calcio riuniva ragazzi appartenenti a popoli, culture ed economie diverse. L’abbattimento dei muri si prefiggeva lo scopo di promuovere un’etica del confronto e dell’antagonismo amichevole ed affratellante fra i popoli, assurgendo a valore universale. Inoltre, il torneo avrebbe avuto anche un valore geopolitico: un incontro costruttivo per rinsaldare vecchi legami di amicizia internazionale. In questo contesto il gioco del calcio e la competizione sportiva si dimostrarono il veicolo meglio adatto anche per la diffusione di una visione del mondo e di un comune sentire, fondati su valori più ampi.

I giovani esordienti e pulcini dell’A.C. Domanins con i loro dirigenti.

Nell’A.F.D.S., in questi anni, a tenere saldamente in mano le redini erano ancora gli anziani. C’era però un nutrito numero di giovani, attivi e determinati, che con il loro entusiasmo e con risolutezza, rivendicavano la propria autonomia ed erano pronti ad azzardare un naturale ricambio generazionale.

Si sentiva l’esigenza di rinnovare un sodalizio per migliorarlo e l’”associazione nuova” continuava ancora a mantenersi giovane nonostante il passare degli anni.

Fu un “elisir di giovinezza” che accompagnò la nostra A.F.D.S. sino al suo ventennale, continuando e mantenendo le premesse e lo spirito delle sue origini.

Dopo il successo del Monumento all’Emigrante il gruppo non si stancò di iniziative e di solidarietà. La visita nella località di Dun Sur Auron nell’ottobre del 1986 segnò a tal proposito un altro momento fondamentale. Per quanto riguardò invece le donazioni, gli ultimi anni del decennio segnarono un ribasso per i motivi già detti in precedenza. Il numero dei donatori attivi rimase stabile e i nuovi donatori risultarono, in media, uno all’anno. In questi anni, proprio per iniziativa dei giovani, prese avvio una prima forma “embrionale” di Babbo Natale che nel 1991 assumerà la veste attuale.

Neanche per quest’anno la Porchetta non va fuori moda!

Il discorso di Santin.

Famiglia Lenarduzzi (di Mariana). Porchetta 1987.

Giovani alla Porchetta.

Il gioco del fazzoletto. I giochi di società fra i partecipanti – in disuso negli ultimi anni – negli anni Ottanta furono invece un appuntamento irrinunciabile.

Il gioco delle bocce.

Le famiglie ai tavoli

Positivo consuntivo per la Porchetta del 1987.

La cerimonia del ventennale

Il traguardo del Ventennale. La Comunione durante la Santa Messa. Sante Lenarduzzi pronunciò il suo ultimo discorso da Presidente alla Festa del Donatore della Sezione.

Le autorità alla Porchetta: Sante Lenarduzzi presidente A.F.D.S.; Vincenza Gei prima Madrina del Labaro; Mario De Bedin assessore comunale; il dott. Enot. Mario Pollastri presidente A.F.D.S. Provinciale; Cav. Lorenzo Ronzani sindaco del Comune di San Giorgio della Richinvelda.

Nel 1988 l’A.F.D.S. Domanins festeggia i suoi primi vent’anni ed è l’”elisir di giovinezza” che l’accompagna. L’”associazione nuova” nata nel 1968 si mantiene ancora giovane ed innovativa.

In questi anni, il Centro Trasfusionale di Spilimbergo è ancora il principale punto di riferimento dei donatori. La donazione è un po’ in crisi a causa delle necessità medico-sanitarie e il grosso limite che la donazione del sangue intero comporta per i soggetti non idonei. Bisognerà aspettare i primi anni quando sarà introdotta ed applicata la plasmaferesi, ossia il prelievo del solo plasma, e la citoferesi, il prelievo delle singoli cellule e delle altre componenti del sangue, globuli e piastrine, per veder aumentare vistosamente il numero delle donazioni e dei donatori.

I festeggiamenti del Ventennale offrirono due novità significative: un piccolo opuscolo scritto e curato dal giovane Andrea Luchini che trattava degli aspetti storici della Sezione, con la pubblicazione di documenti e fotografie. Con soddisfazione di noi tutti, il libro registrò i plausi della popolazione e di due personalità del volontariato e della politica: Ottavio Valerio presidente dell’Ente Friuli nel Mondo, e il Senatore della Repubblica Italiana Cavalier Mario Fioret.

Il 31 luglio, giorno della Festa, il presidente Sante comunicò ai presenti che la Sezione cambiava il proprio Labaro e, naturalmente, anche la Madrina. La nuova Madrina del Labaro e della Sezione fu Fides Babuin. La giovane Fides è stata una giovanissima furlana, donatrice, ragazza sempre attiva e presente nel sociale, nella Festa del Patrono, giocatrice di calcio nell’amatoriale squadra femminile nubile di Domanins. Fides, revisore dei conti nel 1985-88, dopo la nomina da parte del presidente Santin, lasciò la propria medaglietta di riconoscimento sul Labaro, conservata ancor oggi.

Il 1988 è anche l’anno della revisione allo Statuto e al Regolamento della Associazione A.F.D.S. Provinciale. Il nuovo statuto viene discusso ed approvato dall’Assemblea Provinciale Straordinaria nella seduta del 23 aprile.

Socio donatore si diventa dopo la prima donazione e non dopo la semplice iscrizione (art. 7).

L’Assemblea introduce, fra gli organi sociali dell’Associazione, le Giunte Esecutive, sia a livello provinciale sia a livello sezionale (artt. 17, 30), al fine di velocizzare e razionalizzare l’attività dei Consigli Direttivi che stavano diventando delle piccole assemblee aperte e predisposte a discussioni e alle delibere. Il numero dei consiglieri provinciali fu innalzato da 7 a 9 (art. 16), analogamente i consiglieri sezionali da 7 a 9 per le sezioni con oltre 100 soci donatori iscritti, e con possibilità di elevarlo sino a 11. Inoltre, ogni sezione per costituirsi dovrà avere almeno 25 soci donatori attivi (art. 3). Queste modifiche furono introdotte a causa dell’aumento dei donatori e della conseguente maggior complessità della vita dell’Associazione e della vita sociale in genere. Ci furono altre modifiche particolarmente indicative: la specifica dei provvedimenti disciplinari adottabili dal Consiglio Direttivo Provinciale (artt. 24, 25); il ruolo di responsabilità del Segretario Provinciale (art. 19); la stipula delle assicurazioni private per morte ed infortunio dei donatori.

Memoria ai donatori defunti.

Il corteo dei labari si avvia verso il campo sportivo. Nella foto si riconoscono Michele Tondat con il Tricolore, Sante Babuin con Tricolore e lo stendardo dell’Associazione Combattenti e Reduci, Stefano Tondat con il Labaro della Sezione.

La Fanfara dei Bersaglieri fu un’allegra costante delle Porchette, soprattutto nelle ricorrenze speciali.

Loris Pancino.

Il discorso del dottor Ferrari.

Il sindaco Ronzani pronuncia il suo discorso al microfono.

31 luglio 1988: Passaggio di consegne. Il Labaro dell’Associazione viene assegnati alla nuova Madrina Fides Babuin (al centro).

I discorsi di Santin diventarono famosi per l’intermezzo con le belle parole in friulano, per lo stile famigliare, miste di profondità e di umorismo.

La Santa Comunione al boschetto.

Il pubblico è sempre gremito.

La fila per il pranzo.

Due splendide immagini dei momenti di convivialità della Porchetta con la classica briscola.

I ringraziamenti di Ottavio Valerio.

Le congratulazioni del Senatore della Repubblica Italiana Mario Fioret.

Triste nota del Ventennale: lo striscione dell’A.F.D.S., come brutto scherzo fu rovinato la sera prima della festa.

Finisce un ciclo

Il 1988 si chiuse con il rinnovo del Consiglio Direttivo. Il giorno 25 novembre si svolsero le elezioni del Consiglio e delle cariche sociali per il sesto mandato della storia dell’A.F.D.S. Domanins. La novità di questo attesissimo appuntamento elettorale fu la rinuncia alla candidatura del presidente uscente Sante Lenarduzzi e della Rappresentante dei Donatori Vally Pellegrin. Dopo venticinque anni di impegni, sacrifici e soddisfazioni decisero che fosse giunto ormai il tempo per lasciare il passo ad altre figure emergenti e ad una comunità giovanile fervente e desiderosa di partecipazione.

Sante Lenarduzzi rimase come Rappresentante dei Donatori e Presidente onorario.

Il nuovo Presidente eletto fu Gianfranco De Candido. Ventisette anni, personaggio volenteroso e carismatico, dall’umorismo e dall’eloquenza vivace e pungente, Gianfranco bruciò tutte le tappe avendo già una lunga carriera alle spalle nell’associazionismo paesano. Giovanissimo, a diciannove anni, diventò Presidente della Società Pura di calcio Domanins nel 1980, e poi dell’Associazione Calcio Domanins (A.C.D.) nel 1983. Donatore di sangue dal 1982, Gianfranco fu eletto per la prima volta nel Consiglio A.F.D.S. e il nuovo gruppo lo scelse come Presidente. Vice Presidente fu Ferruccio Pancino. Segretario: Loris Pancino. Consiglieri: Vittorio Drigo, Guglielmo Venier, Lauro D’Agostin, Orfeo Pianta, Andrea Luchini. Revisori dei Conti: Umberto Soldai, Gian Paolo Chiandotto, Giuseppe De Monte.

La prima generazione dei pionieri lasciava il passo a chi era venuto dopo. Sante Lenarduzzi rimase nell’A.F.D.S. fino alla sua scomparsa avvenuta alla fine del 1989. Santin completò un percorso sociale ed umano, cominciato nei primi anni Sessanta, che lo aveva reso noto in tutta la Provincia. Si spense il 29 dicembre. I funerali furono celebrati il giorno 31 e videro un’imponente partecipazione di pubblico: compaesani, amici, donatori e simpatizzanti.

 Sante passa in rassegna i tavoli nella sua ultima Porchetta da Presidente.

Carnevale 1989. Una rara e curiosa immagine di Santin in maschera con i nipoti, Enrico e Cristiano, e con Simone Lenarduzzi.

Santin con Bepi Bertazzo.

Il ricordo di Sante Lenarduzzi nella stampa locale (qui sopra iil Messaggero e il Dono).

Il Gazzettino e la Via di Natale.

Bilancio donazioni

1980   Donatori Attivi: 52              Donazioni totali: 46

1981   Donatori Attivi: 48              Donazioni totali: 57

1982   Donatori Attivi: 51              Donazioni totali: 62

1983   Donatori Attivi: 47              Donazioni totali: 31

1984   Donatori Attivi: 43              Donazioni totali: 33

1985   Donatori Attivi: 40             Donazioni totali: 42

1986   Donatori Attivi: 40             Donazioni totali: 42

1987   Donatori Attivi: 38             Donazioni totali: 44

1988   Donatori Attivi: 39             Donazioni totali: 35

Benemerenze

Sacilotto Luigi                 donazioni 10       diploma di Benemerenza      1980

Tondat Carmelo             donazioni 10       diploma di Benemerenza      1980

Venier Umberto              donazioni 10       diploma di Benemerenza      1980

Lenarduzzi Sante            donazioni 50       medaglia d’oro                     1981

Franceschina Pietro       donazioni 10       diploma di Benemerenza       1981

Candido Tarcisio             donazioni 10       diploma di Benemerenza      1981

Barazzutti Fermo            donazioni 10       diploma di Benemerenza      1981

Santin Bruno                    donazioni 35       medaglia d’argento              1982

Giacometti Eliseo           donazioni 35       medaglia d’argento                1982

Leon Giovanni                donazioni 25        medaglia di bronzo               1982

Lenarduzzi Giacomo    donazioni 25         medaglia di bronzo                1982

Lenarduzzi Natalino      donazioni 10       diploma di Benemerenza        1982

Bertazzo Elio                  donazioni 10       diploma di Benemerenza       1982

_                                      _                                        _                               1983

Martini Arduino               donazioni 35       medaglia d’argento              1984

Vivan Roberto                  donazioni 10       diploma di Benemerenza     1984

Aviani Attilio                     donazioni 10       diploma di Benemerenza     1984

Bisutti Virgilio                   donazioni 10       diploma di Benemerenza     1985

Venier Umberto               donazioni 25       medaglia di bronzo               1986

Bertazzo Claudio             donazioni 10       diploma di Benemerenza       1986

Moro Luigi                         donazioni 10       diploma di Benemerenza     1986

Roncadin Giovanni           donazioni 25       medaglia di bronzo                1987

Conte Silvano                    donazioni 10       diploma di Benemerenza      1987

Babuin Luciano                donazioni 25       medaglia di bronzo                1988

Fabbro Luigi                     donazioni 25       medaglia di bronzo                1988

Romano Odilio                 donazioni 10       diploma di Benemerenza       1988